Non c’è niente come il suono dell’acqua che scorre sotto una barca. È un sussurro costante, un bisbiglio che ti culla mentre scivoli sulla superficie liscia come uno specchio. Almeno, così dicono. Io di quel suono non ho sentito una cippa, troppo occupato a tossire e sputacchiare dopo il mio battesimo involontario nelle acque del Lago di Lugano.
Ma andiamo con ordine. Sono Rollo, CrossFitter incallito, convinto di essere l’incarnazione vivente del fitness funzionale. Dopo anni e anni passati sul rower, avevo deciso di provare il canottaggio, giusto per vedere come fosse con l’acqua vera. Ero sicuro che sarebbe stata una passeggiata. Dopotutto, cosa poteva essere più difficile dei WOD che affrontavo quotidianamente? Spoiler alert: praticamente tutto.
L’approccio al canottaggio è stato come quando entri in un bar di bikers con indosso una tutina da ciclista: sai già che finirà male, ma vai avanti comunque. Mi sono presentato ai Canottieri Ceresio con la stessa spavalderia di un gallo in un pollaio, pronto a mostrare a questi “rematori della domenica” cosa significasse essere veramente in forma.
L’allenatore, un tipo sulla settantina con la pelle bruciata dal sole, baffoni da Scizzero doc e mani che sembravano fatte di cuoio grezzo, mi ha squadrato con uno sguardo che oscillava tra il divertito e il pietoso. “Benvenuto,” ha detto, “Immagino tu sia qui per imparare a remare?”
“Imparare?” ho risposto con un sorriso sornione, “Sono qui per perfezionare la mia tecnica. Ho fatto più di 700.000 metri sul remoergometro nell’ultimo anno.”
Il vecchio ha alzato un sopracciglio, in un modo che solo decenni di delusioni possono insegnare. “Bene, allora non avrai problemi a mostrarmi la tua tecnica sul remoergometro che abbiamo qui.”
Evvai con la dolce, ingenua arroganza. Mi sono seduto su quel remoergometro come se fosse il mio trono, pronto a dispensare una lezione magistrale di fitness. Ho afferrato l’impugnatura, ho preso un respiro profondo, perché sai, la respirazione è fondamentale, no? e ho iniziato a tirare come se la mia vita dipendesse da quello.
Dopo 2000 metri tirati come mai prima d’ora, ho alzato lo sguardo, aspettandomi di vedere ammirazione negli occhi dell’allenatore. Invece, ho trovato qualcosa che assomigliava più a una profonda, cosmica stanchezza.
“Okay,” ha detto lui, con la voce di chi sta per spiegare a un bambino perché non si può mangiare la sabbia, “Adesso ti faccio vedere io come si fa veramente.”
Si è seduto sul remoergometro con la fluidità di qualcuno che lo fa da una vita. E poi ha iniziato a remare. E lì, ho capito cosa significasse “tecnica”. Ogni suo movimento era preciso, misurato, efficiente. Non c’era spreco di energia, non c’erano strappi o sobbalzi. Era come guardare un’opera d’arte in movimento.
Quando ha finito, si è alzato senza nemmeno un filo di sudore. “Vedi,” ha detto, “Non si tratta di forza bruta ed ingorante. Si tratta di efficienza, di ritmo, di connessione con la macchina o con la barca.”
Ho annuito, cercando di mascherare il mio ego ferito dietro un’espressione di intensa concentrazione. “Capisco,” ho mentito spudoratamente.
“Bene,” ha risposto lui, con un sorriso che suggeriva che sapeva esattamente quanto poco avessi capito, “Allora sei pronto per provare un vero canoino?”
Ecco, il canoino. Per chi non lo sa, il canoino è una barca più larga e stabile, progettata per i principianti. È l’equivalente acquatico delle rotelle sulla bicicletta: ti dà un falso senso di sicurezza prima di buttarti nel vero caos. Tutte cose di cui, in quel momento, ero drammaticamente a corto.
Mi sono avvicinato al molo con la sicurezza di un ubriaco su una trave d’equilibrio. L’allenatore mi ha dato alcune istruzioni base su come entrare nella barca senza capovolgerla. Ho ascoltato con la stessa attenzione che di solito riservo alle istruzioni di sicurezza sull’aereo: cioè, praticamente zero.
Con un movimento che nella mia testa era aggraziato come un cigno ma che probabilmente assomigliava più a un elefante stordito, mi sono calato nel canoino. Per un miracoloso secondo, sono rimasto in equilibrio. Ho guardato l’allenatore con un sorriso trionfante, come per dire “Vedi? Ci sono nato qui sopra.”
A quelo punto mi sono staccato dal pontile spingendomi via con la mani e poi, come se il lago stesso avesse deciso di punirmi per la mia arroganza, il canoino ha iniziato a oscillare. Ho cercato di compensare, muovendomi freneticamente da una parte all’altra come un gatto che cerca di non cadere in una vasca da bagno. Ma era troppo tardi. Con una grazia che avrebbe fatto invidia a un sasso, sono finito in acqua.
Il freddo mi ha colpito come uno schiaffo in faccia da parte di Madre Natura in persona. Ho riemerso sputacchiando e annaspando, aggrappandomi al canoino capovolto come se fosse l’ultimo pezzo di pizza a una festa di universitari. Dalla riva, ho sentito la risata dell’allenatore. Non era una risata cattiva, ma il tipo di risata che si fa quando si vede qualcuno imparare una lezione importante nel modo più duro possibile. “Benvenuto nel canottaggio, ragazzo!” ha gridato.
Nei giorni e nelle settimane successive, sono tornato al club di canottaggio. Non perché fossi un masochista, beh, forse un po’, considerando la mia passione per il CrossFit, ma perché qualcosa in quello sport mi aveva catturato. Forse era la sfida, forse era l’umiltà che mi aveva insegnato, o forse era semplicemente il fatto che, per una volta, non ero il migliore in qualcosa e dovevo lavorare duramente per migliorare.
Con il passare del tempo e molte, molte sessioni sul canoino, finalmente l’allenatore ha deciso che ero pronto per passare al singolo, la barca da competizione per eccellenza. Il singolo è come passare da una Fiat Panda a una Ferrari: improvvisamente, ogni tuo movimento ha conseguenze immediate e potenzialmente catastrofiche.
Il mio primo tentativo sul singolo è stato… beh, diciamo che i pesci hanno avuto un incontro ravvicinato con un CrossFitter annaspante. Ma con il tempo, ho iniziato a capire. Ho iniziato a sentire il ritmo dell’acqua, a muovermi in sincronia con la barca invece che contro di essa.
E poi è arrivato il momento del quattro di coppia. Ed è qui che il vero divertimento è iniziato e prosegue da ormai otto anni, nonostante il Covid e tutto il resto..
Il canottaggio di squadra è un’bestia completamente diversa. Non si tratta più solo di te contro l’acqua. Si tratta di te, più altri tre idioti testardi come te, che cercano di muoversi come un unico organismo. È come un WOD di squadra, ma con il rischio costante di finire in acqua se qualcuno sbaglia il tempismo.
L’allenamento in team nel canottaggio è una lezione di umiltà, pazienza e comunicazione che nessun WOD potrebbe mai insegnare. Devi imparare a sincronizzare non solo i tuoi movimenti, ma anche il tuo respiro, i tuoi pensieri, persino il tuo battito cardiaco con quelli dei tuoi compagni di squadra.
E lasciatemelo dire, non c’è niente di più frustrante che essere in perfetta forma fisica, capace di fare Annie senza battere ciglio e poi trovarsi completamente fuori sync con il resto della squadra perché non riesci a capire il concetto di “remare insieme”.
Ma c’è anche qualcosa di magico in quei rari momenti in cui tutto si allinea perfettamente. Quando tutti e quattro trovano lo stesso ritmo, la stessa intensità, e la barca sembra volare sull’acqua. In quei momenti, capisci perché la gente dedica la vita a questo sport.
Il canottaggio mi ha insegnato che la vera forza non sta solo nei muscoli, ma nella capacità di usarli in perfetta armonia con il resto del corpo e con l’ambiente circostante. Mi ha insegnato che a volte, per andare più veloce, devi rallentare. Mi ha insegnato che la pazienza e la precisione sono importanti quanto la potenza.
E cosa forse più importante, mi ha insegnato l’umiltà. Mi ha mostrato che, non importa quanto tu possa essere bravo in una disciplina, c’è sempre qualcosa di nuovo da imparare, sempre un nuovo modo di sfidare te stesso e di crescere.
Non fraintendetemi, amo sempre il CrossFit. Amo l’intensità, la comunità, la sensazione di aver dato tutto me stesso in un WOD. Ma il canottaggio mi ha dato una prospettiva diversa. Mi ha fatto capire che il fitness non è solo una questione di quanto peso puoi sollevare o di quante ripetizioni puoi fare. È anche una questione di come puoi adattare il tuo corpo a nuove sfide, di come puoi imparare nuovi movimenti e padroneggiare nuove abilità.
Ora, quando mi siedo su un remoergometro durante un WOD, ho un approccio completamente diverso. Non si tratta più solo di spingere più forte che posso. Si tratta di trovare quel ritmo perfetto, di utilizzare ogni parte del mio corpo in modo efficiente, di connettermi veramente con il movimento.
E sì, ogni tanto, quando sono sul lago con il mio equipaggio, mi ritrovo a pensare ai miei compagni CrossFitter che stanno probabilmente facendo l’ennesimo round di thruster e pull-up. Sorrido, pensando a quanto sarebbero spaventati se li mettessi su questa barca instabile e gli chiedessi di muoversi all’unisono. A dire il vero ci ho pure provato, ma questa è un’altra storia.
Ma poi penso anche a quanto io ero spaventato la prima volta che ho provato un muscle-up, o la prima volta che ho affrontato “Fran”. E realizzo che è tutto parte dello stesso viaggio. Un viaggio di continua scoperta, di continua sfida, di continuo miglioramento.
Quindi, a tutti i miei fratelli e sorelle del CrossFit che pensano di aver raggiunto l’apice del fitness, dico questo: uscite dal vostro box. Provate qualcosa di nuovo. Fatevi umiliare da uno sport che non avete mai praticato prima. Vi prometto che ne uscirete non solo atleti migliori, ma anche persone migliori.
E se decidete di provare il canottaggio, beh, un consiglio: imparate a nuotare prima. Ma bene intendo. Fidatevi, fa una gran differenza quando vi ritrovate a fare un bagno non programmato nel bel mezzo di un lago.
Ma la vera lezione che ho imparato? Non importa quanto tu sia in forma, quanto tu sia forte o quanto tu sia sicuro di te stesso. La natura ha sempre un modo per ricordarti il tuo posto. E quel posto, a volte, è a mollo in un lago, aggrappato a una barca rovesciata, senza un calzino,con un vecchio allenatore che ride di te dalla riva o dal suo catamarano.
E sai cosa? Va bene così. Perché è in quei momenti di totale umiliazione che cresciamo davvero. È quando tocchiamo il fondo, letteralmente, in questo caso, che possiamo spingerci verso l’alto con più forza.
Quindi, la prossima volta che vi sentite invincibili dopo aver battuto il vostro PR nel deadlift o dopo aver finalmente conquistato quel tanto agognato muscle-up, ricordatevi di me. Ricordatevi del CrossFitter troppo sicuro di sé che pensava di poter conquistare il lago con la sola forza di volontà e un paio di quadricipiti ben sviluppati.
E magari, se vi sentite particolarmente coraggiosi, fate un salto al vostro club di canottaggio locale. Chi lo sa, potreste scoprire un nuovo amore. O, nel peggiore dei casi, potreste guadagnarvi una bella storia da raccontare durante il vostro prossimo post-WOD beer.
Perché alla fine, che si tratti di sollevare pesi, remare su un lago o semplicemente affrontare la vita di tutti i giorni, l’importante è continuare a mettersi alla prova, continuare a imparare e soprattutto, continuare a ridere di se stessi.
E se tutto il resto fallisce, ricordatevi: almeno nel CrossFit, quando finisci disteso a terra ansimando, è perché hai scelto tu di farlo. Nel canottaggio, beh… diciamo che a volte la scelta non è proprio tua. Ma almeno è un ottimo modo per rinfrescarsi dopo un allenamento intenso, no? Cioè, in estate.
In conclusione, il mio viaggio dal box al lago mi ha insegnato più di quanto avrei mai immaginato. Mi ha mostrato che la vera forza non sta solo nei muscoli, ma nella capacità di adattarsi, di imparare, di accettare le proprie debolezze e di lavorare su di esse.
Il CrossFit mi ha dato la base fisica e mentale per affrontare nuove sfide. Ma il canottaggio mi ha ricordato che c’è sempre spazio per crescere, sempre qualcosa di nuovo da imparare, sempre un modo per spingere i propri limiti un po’ più in là.
E forse, alla fine, è proprio questo il vero significato di essere un atleta, sebbene molto imperfetto: non essere il migliore in una singola disciplina, ma essere sempre pronti a mettersi alla prova, a fallire, a rialzarsi e a riprovare.
Quindi, che siate CrossFitter, canottieri, o semplicemente persone che cercano di rimanere in forma, ricordatevi: l’umiltà è il miglior compagno di allenamento che possiate avere. E un buon senso dell’umorismo non guasta mai, specialmente quando vi ritrovate a nuotare vestiti in mezzo a un lago.
Ora, se volete scusarmi, ho un appuntamento con un remoergometro. E questa volta, giuro, cercherò di non trattarlo come se fosse una macchina per il cardio ad alta intensità. Beh, almeno ci proverò. No pain, no gain, giusto?
Ma ricordate: se vedete un tizio barbuto che rema come se stesse cercando di sfuggire a uno squalo, be’, quello probabilmente sono io. Sentitevi liberi di ridere. Io lo farei.