Ci sono errori che ti segnano per la vita. Come quella volta che lasciai il mio shaker in macchina per una settimana intera. Sì, proprio quello con i resti del post-WOD shake al cioccolato e proteine. Un classico da CrossFitter distratto, direte voi. Ma lasciate che vi racconti come questo banale incidente si è trasformato in una vera e propria odissea, degna di essere narrata ai posteri come monito per le generazioni future di atleti sbadati.
Tutto iniziò in una calda giornata di agosto. Il box era un forno e il coach aveva programmato un Fractured Fran. Perché, ovviamente, quando mai le cose vanno come dovrebbero?
Ero lì, grondante di sudore ancora prima di iniziare, a fissare il bilanciere come se fosse il mio nemico giurato. Il timer partì e con esso iniziò quella sequenza infernale di thruster e pull-up che solo chi ha vissuto Fran può veramente comprendere.
Non so se fosse il caldo, la stanchezza accumulata o semplicemente un momento di follia, ma quel giorno decisi di affrontare questa variazione di Fran Rx. Si, io, lo stesso tizio che normalmente scala i burpees come se fossero l’incarnazione del male, quel giorno mi sentivo invincibile. Inutile dire che fu un massacro.
Quando finalmente riuscii a completare l’ultima ripetizione, crollai sul pavimento come un sacco di patate sudato e ansimante. Il mio cuore batteva così forte che ero sicuro si potesse sentire dall’altra parte della città. La mia vista era offuscata e non ero certo se fosse per il sudore che mi colava negli occhi o se stessi per svenire.
Fu in quel preciso momento che il mio socio Marco, ridendo della mia evidente sofferenza, decise di ricordarmi che avevamo una cena importante proprio quella sera. Una di quelle cene aziendali in cui devi fingere di essere una persona normale e non un pazzo che passa il tempo libero a sollevare pesi e a fare movimenti che la maggior parte delle persone considererebbe torture.
Panico. Avevo completamente dimenticato la cena. Guardai l’orologio: avevo meno di un’ora per trasformarmi da bestia sudata a essere umano presentabile.
In preda al delirio post-Fran e all’ansia pre-cena, feci quello che ogni CrossFitter che si rispetti farebbe: preparai velocemente il mio shot post-allenamento. Proteine al cioccolato, un po’ di creatina,perché non si sa mai, il tutto mescolato frettolosamente nel mio fidato shaker nero con il logo del box.
Afferrai la borsa, lo shaker e corsi verso l’auto come se stessi facendo l’ennesima serie di sprint. Lanciai tutto sul sedile posteriore e partii sgommando, determinato a fare la doccia più veloce della storia dell’umanità. E fu così che, nella frenesia del momento, il povero shaker rimase dimenticato nell’auto. Per una settimana intera. Sotto il sole cocente di agosto. In un parcheggio senza ombra, ment re io mi spostavo allegramente in bici da un posto all’altro.
I giorni passarono. Allenamenti si susseguirono. Nuovi PR furono stabiliti e celebrati. Mi chiedevo costantemente che fine avesse fatto il mio shaker nero che, intanto, continuava la sua lenta ma inesorabile trasformazione in qualcosa che la scienza ancora non ha un nome per definire.
Fu solo la settimana successiva, mentre cercavo disperatamente le chiavi dell’auto,che, guarda caso, erano esattamente dove le avevo lasciate, che un odore particolare attirò la mia attenzione. All’inizio pensai fosse il solito aroma di “CrossFitter che non lava abbastanza spesso la sua borsa da palestra”. Sapete bene di cosa parlo, quell’inconfondibile mix di sudore, neoprene e disperazione che caratterizza ogni borsa da box che si rispetti.
Ma questo era diverso. Più intenso. Più… vivo.
Aprii la portiera e venni investito da un olezzo che nemmeno le ascelle di un marinaio medievale dopo una traversata dal medritteraneo potrebbero eguagliare. Era come se tutte le proteine del mondo avessero deciso di decomporsi in sincrono, creando una sinfonia olfattiva degna dell’inferno di Dante.
I quel momento realizzai che lo shaker. Il maledetto shaker era rimasto in auto per una settimana intera. Con il coraggio di chi ha affrontato WOD ben peggiori, decisi di recuperare il corpo del reato. Afferrai lo shaker con due dita, come se stessi maneggiando plutonio radioattivo e lo portai in casa.
Ora, non sono certo uno che si tira indietro di fronte alle sfide. Ho fatto burpees fino allo sfinimento, ho sollevato pesi che sembravano volermi staccare le braccia, ho corso distanze che farebbero impallidire Forrest Gump. Ma niente e dico niente, mi aveva preparato all’orrore che si celava all’interno di quello shaker.
Lo posizionai sul tavolo della cucina, osservandolo come se fosse una bomba inesplosa. Il suo colore, una volta di un nero lucido, ora sembrava opaco, quasi… pulsante? No, sicuramente era un effetto ottico. Gli shaker non pulsano. Vero?
Passai i successivi venti minuti a camminare avanti e indietro per la cucina, cercando di trovare il coraggio di aprire quella che ormai consideravo una probabile bomb a biologica. Pensai persino di chiamare il coach per chiedere consiglio, ma poi realizzai che probabilmente mi avrebbe assegnato 100 burpees come punizione per la mia negligenza. Alla fine, armato di guanti da cucina e con una molletta sul naso, tipo come nei cartoni animati, decisi che era giunto il momento della verità.
Con un movimento rapido, come se stessi strappando un cerotto, aprii il tappo dello shaker. Il suono che ne uscì… beh, dire che fu un sibilo sarebbe un eufemismo. Fu più come il lamento di mille anime dannate finalmente liberate dalla loro prigione proteica. L’odore, già insopportabile quando lo shaker era chiuso, ora era diventato un’entità fisica, quasi visibile nell’aria. Ma la vera sorpresa arrivò quando guardai all’interno.
Giuro su tutti i bilancieri del mondo che vidi qualcosa muoversi. Era come se avessi creato involontariamente un ecosistema alieno, una civiltà microscopica basata su whey protein e disperazione. La superficie di quello che una volta era un innocente shake post-workout ora ribolliva e si contorceva come se avesse vita propria.
In quel momento, realizzai due cose fondamentali:
- Nessun ammontare di sapone o disinfettante avrebbe mai potuto salvare quel povero shaker dal suo destino.
- Avrei dovuto seriamente riconsiderare le mie priorità nella vita se ero capace di dimenticare qualcosa di così potenzialmente letale in auto.
Ma la storia non finisce qui, oh no. Perché vedete, un vero CrossFitter non si arrende mai, nemmeno di fronte all’apocalisse proteica. Decisi che avrei tentato l’impossibile: salvare il mio shaker.
Iniziai con un approccio cauto: provai a versare un po’ di acqua calda all’interno, sperando che in qualche modo potesse “sciogliere” l’orrore che vi abitava. Il risultato? Un rumore di gorgoglio che sembrava la risata di un demone e un odore ancora più intenso. Fantastico.
Passai alla fase due: sapone. Tanto sapone. Praticamente svuotai metà flacone di detersivo per piatti nello shaker, convinto che nulla potesse resistere a una tale concentrazione di potere pulente. Lo scossi vigorosamente, come se stessi preparando il più disgustoso cocktail mai concepito.
Il risultato? Bolle. Tante, tantissime bolle. Bolle che traboccarono dallo shaker, invadendo il lavandino e portando con sé quell’odore infernale. Era come se avessi creato una macchina per bolle di sapone alimentata dall’essenza stessa della puzza. A quel punto, completamente ricoperto di schiuma maleodorante e con la cucina che sembrava il set di un film horror a basso budget, decisi che era il momento di passare alle maniere forti.
Afferrai lo shaker e mi diressi in giardino, determinato a usare il metodo più antico e affidabile conosciuto all’uomo per purificare le cose: il fuoco. Posizionai lo shaker in mezzo al prato, come se stessi per compiere un antico rituale pagano. Con reverenza, versai un po’ di alcool denaturato sopra e intorno ad esso. Poi, con la solennità di un sacerdote che sta per compiere un sacrificio, accesi un fiammifero.
“Addio, fedele compagno di mille allenamenti,” mormorai, lasciando cadere il fiammifero.
Le fiamme avvolsero lo shaker in un istante, creando uno spettacolo pirotecnico degno di nota. Per un momento, mi sentii come un regista di film d’azione, osservando la mia piccola esplosione controllata con un misto di orgoglio e terrore.
Ma poi accadde l’impensabile.
Lo shaker, invece di fondersi o disintegrarsi come mi aspettavo, sembrava… resistere. Anzi, più le fiamme lo avvolgevano, più l’odore diventava intenso. Era come se il fuoco, invece di distruggere quella mostruosità proteica, la stesse in qualche modo potenziando.
In preda al panico, corsi a prendere il tubo dell’acqua, determinato a spegnere quello che ormai consideravo un portale per qualche dimensione demoniaca. L’acqua sibilò a contatto con le fiamme, creando una nuvola di vapore che, ne sono certo, avrebbe potuto stordire un elefante.
Quando finalmente il fuoco si estinse e il vapore si dissipò, mi avvicinai cautamente per esaminare i resti del mio ex shaker. Era ancora lì. Annerito, deformato, ma incredibilmente intatto. E l’odore? Beh, diciamo solo che i miei vicini probabilmente pensavano che stessi conducendo esperimenti illegali nel mio cortile.
A quel punto decisi di arrendermi. Alcuni nemici sono semplicemente troppo potenti per essere sconfitti. Alcuni errori troppo grandi per essere corretti. Con la solennità di un becchino, avvolsi lo shaker in tre sacchetti della spazzatura e lo deposi con reverenza nel bidone dell’immondizia. Mentre chiudevo il coperchio, giurai a me stesso che mai più avrei dimenticato uno shaker in auto. Mai più avrei sottovalutato il potere distruttivo delle proteine fermentate.
Nei giorni successivi, mi ritrovai a riflettere su questa esperienza mentre eseguivo interminabili serie di GHD Situp e realizzai che, in un certo senso, quello shaker dimenticato era una perfetta metafora della vita di un CrossFitter.
A volte ci dimentichiamo di prenderci cura delle piccole cose, troppo concentrati sui grandi obiettivi. Lasciamo che le nostre abitudini, i nostri attrezzi, persino le nostre relazioni, fermentino nell’ombra, trasformandosi in mostri difficili da gestire. E quando finalmente ci decidiamo ad affrontarli, scopriamo che il problema è cresciuto ben oltre le nostre capacità di risolverlo.
Ma allo stesso tempo, proprio come non ci arrendiamo di fronte a un WOD che sembra impossibile, non dovremmo arrenderci di fronte alle sfide della vita quotidiana. Anche se a volte l’unica soluzione sembra essere dare fuoco a tutto e ricominciare da capo.
La settimana successiva, mi presentai al box con uno shaker nuovo di zecca. Lucido, brillante, pieno di promesse. Il coach lo notò e, con un sorriso che non prometteva nulla di buono, mi disse: “Bello shaker nuovo. Spero che questo lo terrai più pulito del precedente. A proposito, che ne dici di fare 50 burpees, giusto per essere sicuri che la lezione sia stata imparata?”
Mentre mi preparavo per l’ennesima serie di burpees, non potei fare a meno di sorridere. Perché, noi CrossFitter siamo fatti così. Cadiamo, ci rialziamo, puzziamo, bruciamo cose, ma alla fine torniamo sempre. Perché sappiamo che dietro ogni fallimento c’è una lezione, dietro ogni dolore c’è crescita, e dietro ogni shaker dimenticato c’è una storia da raccontare.
E la prossima volta che qualcuno al box si lamenterà dell’odore di sudore, racconterò questa storia. Garantisco che non si lamenterà mai più. Perché ci sono odori ben peggiori nell’universo del fitness ed io ho avuto il “privilegio” di scoprirne uno dei più terrificanti.
Morale della favola? Se pensate che un thruster sia la cosa peggiore che possa capitarvi, non avete mai aperto uno shaker dimenticato per una settimana. E se vi capita, fate come me: dategli fuoco, seppellitelo in tre sacchetti della spazzatura, e compratene uno nuovo. Perché ci sono battaglie che semplicemente non vale la pena combattere.
Ma soprattutto, ricordate: un vero CrossFitter non dimentica mai il suo shaker. Non solo perché le proteine sono importanti, ma perché nessuno vuole trasformare la propria auto in un laboratorio di guerra biologica involontario.