Nudi alla meta

Ci sono cose che proprio non capisco della vita in palestra, tipo quelli che si fanno la doccia con le mutande addosso. No, davvero, è una cosa che mi manda in confusione totale. Non parlo di quelli che si lavano il costume dopo aver fatto piscina, ma di quei soggetti che, dopo aver sudato come dei maiali durante il WOD, pensano bene di lavarsi mantenendo addosso la biancheria intima, come se questo conferisse loro una qualche forma di dignità o protezione da occhi indiscreti.

Da naturista quale sono, per me meno tessuto ho addosso e meglio è. Per carità, non fraintendetemi, non sono un esibizionista ,anzi la mia pancetta da ex obeso preferisco nasconderla, ma il concetto di farsi la doccia con addosso qualsiasi cosa mi sembra assurdo quanto correre con le infradito o fare burpee in ciabatte.

È come se esistesse una gerarchia non scritta negli spogliatoi, una sorta di casta sociale determinata dal rapporto che ognuno ha con la propria nudità. Al gradino più basso troviamo loro, i vergognosi estremi, quelli che probabilmente nascondono il proprio corpo anche a se stessi quando si guardano allo specchio. Li riconosci subito: entrano in doccia già mezzi vestiti, si lavano, si fa per dire, mantenendo rigorosamente la biancheria intima, ed escono ancora più bagnati di quanto non fossero entrati, con i boxer che gocciolano sul pavimento creando pozzanghere che poi qualcun altro dovrà evitare.

«Ma come fai a stare lì nudo come se niente fosse?» mi chiede un giorno Amedeo, uno dei veterani della vergogna, mentre si contorce nel suo accappatoio cercando di infilarsi i boxer senza mostrare un centimetro di pelle.

«È uno spogliatoio, serve a quello» rispondo io continuando ad asciugarmi i capelli. «E poi scusa, ma ti sei mai chiesto perché ti senti così a disagio?»

«Ma non si fa, dai. Non è decoroso» replica lui, quasi scandalizzato. «E se entra qualcuno?»

«A fare cosa? Foto per National Geographic?»

L’altro giorno ho assistito a una scena memorabile. Fabio, il re indiscusso degli spruzzatori veloci, stava uscendo dalla doccia con i suoi boxer fradici quando Alberto, nuovo del gruppo, gli fa: «Scusa eh, ma non è che così ti lavi proprio benissimo…»

«Io sono efficiente» risponde Fabio sulla difensiva. «In tre minuti sono pronto.»

«Si, pronto per fare da mocio per il pavimento» mormoro io mentre mi insapono per la seconda volta.

«Senti chi parla» ribatte lui. «Tu ci metti tre ore per lavarti!»

«Almeno non devo ripassare a casa per farmi una doccia vera.»

La cosa più assurda è che spesso sono proprio quelli più prestanti a essere i più vergognosi. Ragazzi che passano ore a scolpire il proprio fisico, che postano selfie semi-nudi su Instagram, ma che poi nello spogliatoio si comportano come delle educande vittoriane. È come se ci fosse una sorta di sdoppiamento della personalità: da una parte l’ego social che vuole mostrarsi al mondo, dall’altra la vergogna ancestrale che emerge negli spogliatoi.

E poi ci sono quelli che sembrano aver studiato gli orari di minor affluenza solo per potersi lavare in santa pace senza dover condividere lo spazio con altri. Li vedi arrivare sempre agli stessi orari improbabili, tipo alle 14:30 o alle 10:45, quando la palestra è praticamente deserta. Una pianificazione degna di un’operazione militare, solo per evitare di dover gestire l’ansia da spogliatoio condiviso.

«Ragazzi, ma è normale che ci sia gente che gira nuda qua dentro?» sussurra ad alta voce Francesco, nuovo arrivato, ai suoi amici, guardando nella mia direzione con disapprovazione.

«No che non è normale» risponde Paolo, che ormai conosco come il campione mondiale del cambio-sotto-l’accappatoio. «Dovrebbe esserci un regolamento.»

Mi volto verso di loro: «C’è, infatti. Dice che questo è uno spogliatoio, non un convento di clausura. E comunque» aggiungo mentre mi dirigo verso la doccia, «se vi disturba così tanto la nudità, potete sempre cambiarvi nel parcheggio.»

Il silenzio che segue è più eloquente di qualsiasi risposta.

Nel dubbio, continuerò a godermi la mia doccia come madre natura comanda, nudo come un verme e fiero di esserlo. E se qualcuno ha problemi con questo, beh, può sempre aspettare che io finisca – tanto ci metto un’eternità, mi piace lavarmi per bene. Perché alla fine, come in ogni aspetto della vita, è tutta una questione di equilibrio: tra la vergogna e l’esibizionismo, tra la fretta e la lentezza, tra il rispetto per gli altri e il rispetto per se stessi.

La prossima volta parleremo di quelli che non si lavano proprio. Ma quella è un’altra storia, decisamente più puzzolente.

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Il ritorno dell’atleta infedele
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Il ritorno dell’atleta infedele

Un tradimento a colpi di remo e una riconciliazione fatta di burpees

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